Suburbia


Italian photographer Ettore Moni just self-published his book Suburbia,
a series of black and white urban landscapes, taken in the European cities of Genoa and Bilbao, which aim to raise some questions about the shape of those cities, the idea of space lying behind them, the role and freedom of space left for us human beings inside them. Ettore was kind enough to ask me to contribute to the book with a text, of which I am happy to post some excerpts here as well (Italian only, sorry).


L’immagine di una città C’è stato un tempo in cui la periferia di una città voleva dire comunità suburbane, dinamiche e legami sociali, un panorama che conservava comunque una dimensione antropologica percepibile: oggi siamo invece abituati a immaginare l’espansione di una metropoli come un fenomeno eminentemente fisico, fatto di progettazione urbana, ottimizzazione dell’uso dello spazio, riempimento di vuoti. Architetture puramente funzionali riempiono quasi completamente il campo visivo, luoghi senza immagine che si impongono soltanto per l’uso che ne viene fatto, una presenza nuda e cruda che non prova minimamente a sciogliersi in una vaga armonia di linee, o in una coesistenza organica con ciò che sta intorno. Ettore Moni ha voluto provare a tratteggiare la geografia di una Suburbia, questo luogo espanso che esiste in una sua forma specifica nelle varie città in cui prende forma, ma che sembra comunque portare con sé caratteristiche invariabili e indifferenti alle specificità dei diversi luoghi. Nelle sue immagini si percepisce uno straniante coesistere di vastità e costrizione, ampiezza e affollamento, un affastellarsi di forme che a volte si calpestano o si arrampicano l’una sopra l’altra, altre volte si fronteggiano come a sfidarsi per il controllo del territorio. [...] Si tratta di una sfida cruciale che i fotografi si trovano ad affrontare, riuscire a far parlare le proprie immagini in modo da proporre una possibile lettura di questi luoghi, piuttosto che limitarsi semplicemente a ribadirne la presenza attraverso delle fotografie. Ettore Moni questa sfida l’ha raccolta in modo al tempo stesso leggero e profondo, proponendoci delle fotografie dove la visione analitica dei frammenti di un territorio plasmato e a volte imprigionato coesiste con un sincero stupore per ciò che lo sguardo trova davanti a sé; una fusione di consapevolezza e autentico smarrimento che fa sì che le sue siano davvero domande in forma di immagini, interrogativi che si costruiscono una fotografia dopo l’altra, invitandoci a non smettere di chiederci in che modo le città cambiano e crescono, come se si stessero dimenticando di noi che viviamo al loro interno.
Fabio Severo

Hippolyte Bayard

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